Sentenza n. 221 del 1994

CONSULTA ONLINE

 

SENTENZA N. 221

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Giudici

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

 nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 21 del d.P.R.27 aprile 1968, n. 488 (Aumento e nuovo sistema di calcolo delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligato ria), così come modificato dall'art. 20 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), promosso con ordinanza emessa il 22 giugno 1993 dal Pretore di Prato nel procedimento civile vertente tra Ferri Renzo e l'I.N.P.S., iscritta al n. 621 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1993.

 

Visti gli atti di costituzione Ferri Renzo e dell'I.N.P.S.;

 

udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 1994 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

 

udito l'avvocato Franco Agostini per Ferri Renzo.

 

Ritenuto in fatto

 

 1. - Nel corso di un giudizio promosso da Ferri Renzo volto ad ottenere la restituzione dall'I.N.P.S. di parte delle trattenute effettuate sulla base del disposto di cui all'art. 20 della legge 30 aprile 1969, n. 153, il Pretore di Prato, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 21 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 (Aumento e nuovo sistema di calcolo delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria), così come modificato dall'art. 20 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), nella parte in cui non prevede che la trattenuta da effettuare nei confronti del pensionato che presta attività lavorativa part- time venga commisurata al numero effettivo di ore lavorate, anzichè ai giorni in cui le stesse sono distribuite.

 

Il giudice rimettente premette che dalla formulazione dell'art. 5, secondo comma, del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726 convertito nella legge 19 dicembre 1984, n. 863, emerge che il legislatore ha inteso accordare ai soggetti del rapporto la più ampia flessibilità nell'articolazione dell'orario di lavoro, consentendo, quindi, sia il c.d. "part-time orizzontale" - che si ha quando l'orario di lavoro, ridotto rispetto a quello ordinario, viene distribuito per più giorni della settimana - sia quello c.d. "verticale" - che si ha ove la prestazione lavorativa venga concentrata solo in alcuni giorni della settimana.

 

Osserva tuttavia il giudice a quo, che l'art. 21 del d.P.R. n. 488 del 1968, con il prevedere che la trattenuta in questione sia commisurata al numero delle giornate retribuite, anzichè a quello delle ore effettivamente "lavorate", determina, a parità di ore lavorative, una irragionevole disparità di trattamento ai danni di coloro che hanno optato per il c.d. part-time "orizzontale", in quanto in tale ultima ipotesi (caratterizzata dal fatto che lo stesso numero di ore lavorative è distribuito in più giorni) l'ammontare della trattenuta avrà una misura maggiore, essendo calcolata sulla base delle giornate lavorative senza tener conto del ridotto orario giornaliero di lavoro.

 

Rileva il giudice rimettente che la norma in questione appare altresì in contrasto con l'art.38 della Costituzione in quanto incidente sul trattamento pensionistico, dal momento che l'ammontare della trattenuta è successivamente detratto dalla pensione, la quale viene così a subire una contrazione non correlata ad un mutamento delle condizioni di bisogno, alla cui eliminazione è funzionalmente destinato il trattamento previdenziale.

 

2. - Nel giudizio avanti a questa Corte si è costituita la parte privata concludendo per l'accoglimento della questione.

 

3. - L'I.N.P.S. si è costituito con atto depositato il 17 novembre 1993, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.

 

Considerato in diritto

 

 1. - Il Pretore di Prato dubita della legittimità costituzionale dell'art. 21 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 (Aumento e nuovo sistema di calcolo delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria), così come modificato dall'art. 20 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, nella parte in cui non prevede che la trattenuta da effettuare nei confronti del pensionato che presta attività lavorativa part- time venga commisurata al numero effettivo di ore lavorate, anzichè ai giorni in cui le stesse sono distribuite.

 

2. - Va preliminarmente dichiarato inammissibile l'atto di costituzione dell'I.N.P.S., in quanto depositato oltre il termine previsto dall'art. 25 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e dall'art. 3 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

3. - La questione è fondata.

 

Al riguardo va premesso che il decreto-legge n.726 del 1984 (convertito nella legge n. 863 del 1984) disciplina il contratto di lavoro a tempo parziale, stabilendo, tra l'altro (art. 5), che in tale contratto devono essere indicate le mansioni e la distribuzione dell'orario con riferimento al giorno, alla settimana, al mese e all'anno (secondo comma); che la retribuzione minima oraria si determina rapportando alle giornate di lavoro settimanale ad orario normale il minimo giornaliero e dividendo l'importo così ottenuto per il numero delle ore di orario normale settimanale previsto dal contratto collettivo (quinto comma); che nel caso di trasformazione del rapporto a tempo pieno in rapporto a tempo parziale si computa per intero l'anzianità relativa ai periodi di lavoro a tempo pieno, e proporzionalmente all'orario effettivamente svolto, l'anzianità inerente ai periodi di lavoro a tempo parziale (undicesimo comma).

 

4. - Deve altresì premettersi, per quanto attiene al sistema di calcolo delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligatoria, che il d.P.R. n. 488 del 1968 va considerato applicabile anche al lavoro a tempo parziale .

 

Questo testo stabilisce (all'art. 21), per l'ipotesi di pensionato che continui a prestare attività lavorativa, che il datore di lavoro è tenuto ad annotare tale circostanza sul libro matricola ed ha altresì l'obbligo di operare una detrazione dalla retribuzione per versarla all'I.N.P.S..

 

L'ammontare della detrazione è determinato su base giornaliera, e precisamente moltiplicando l'importo della trattenuta giornaliera per il numero di giornate retribuite del mese (secondo comma), mentre "qualora l'orario settimanale di lavoro previsto dalle norme contrattuali sia ripartito in un numero di giorni inferiore a sei, l'ammontare della detrazione da effettuare per ciascuna settimana di lavoro è determinato moltiplicando l'importo della trattenuta giornaliera di cui al comma precedente per sei" (ultimo comma).

 

5. - Ora, il giudice a quo pone in evidenza l'iniquo risultato che viene a determinarsi, applicando l'enunciato sistema di calcolo, a svantaggio di coloro che svolgano il lavoro parziale c.d. orizzontale (cioè di poche ore per più giorni) rispetto a coloro che svolgano il part-time c.d. verticale (cioé molte ore in pochi giorni). In altri termini, applicando il meccanismo previsto dal d.P.R. n. 488 del 1968 si ottiene il risultato che per un numero di ore di lavoro uguale la trattenuta è maggiore nella prima ipotesi (lavoro parziale orizzontale) rispetto a quella detratta nell'ipotesi di lavoro parziale verticale.

 

6. - Questi effetti - dovuti soprattutto al difetto di coordinamento delle due disposizioni citate - appaiono evidentemente distorsivi e possono essere corretti applicando, anche alla detrazione da effettuarsi per l'ipotesi di pensionato che presta altro lavoro, un criterio di calcolo analogo a quello previsto dall'art. 5 del decreto-legge n. 726 del 1984, convertito nella legge n. 863 del 1984, per commisurare la retribuzione per il lavoro parziale, e cioé un sistema basato non sul numero delle giornate in cui si presta il lavoro, ma sul numero delle ore effettivamente lavorate.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 21 del d.P.R. 27 aprile 1968, n. 488 (Aumento e nuovo sistema di calcolo delle pensioni a carico dell'assicurazione generale obbligato ria), così come modificato dall'art. 20 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), nella parte in cui non prevede che nel caso di lavoro a tempo parziale svolto da pensionati l'ammontare della detrazione da effettuare per settimana di lavoro sia determinato dividendo l'importo della trattenuta settimanale relativo all'orario normale per il numero delle ore corrispondenti a tal orario, e moltiplicando il risultato per il numero delle ore effettivamente lavorate nella settimana.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1994.

 

Gabriele PESCATORE, Presidente

 

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 08/06/1994.